Chi è il Naturopata?
Chi è il Naturopata?
Per Naturopatia si intende un insieme di discipline finalizzate alla conservazione dell’equilibrio energetico facenti riferimento a metodiche di approccio naturali ed energetiche codificate nell’ambito di una visione olistica dell’essere umano.
Il Naturopata è un operatore professionista che opera autonomamente nel campo della Naturopatia, che si impegna nella promozione della salute individuale e sociale attraverso l’utilizzo delle più aggiornate metodiche preventive ed olistiche non invasive.
Lo scopo principale della professione del Naturopata è la promozione dell’equilibrio energetico degli individui attraverso:
1. lo sviluppo delle potenzialità individuali di prevenzione attraverso l’informazione e l’educazione alla gestione e al rafforzamento delle proprie risorse fisiche, psichiche ed emozionali;
2. l’individuazione del terreno costituzionale dell’individuo per mezzo dell’osservazione sistematica delle manifestazioni psico-fisiche, delle predisposizioni agli squilibri bioenergetici, nonché la valutazione della sintomatologia relativa a squilibri che si sono già instaurati;
3. il riequilibrio degli eventuali squilibri energetici, attraverso trattamenti non invasivi mirati a stimolare le potenzialità di autoguarigione dell’organismo umano.
Ciò che caratterizza l’operato del Naturopata è l’approccio in qualità consulente per la salute, che mira in primo luogo alla prevenzione primaria e, ove il caso lo richieda, ad interventi di applicazione di discipline naturali ed olistiche, non invasive e di sostegno al riequilibrio energetico dell’individuo.
Le discipline olistiche, di cui si avvale la Naturopatia, si rifanno ad una visione dell’uomo, della salute e della malattia che raramente trova punti di contatto con la medicina convenzionale.
Iniziando ad utilizzare le discipline naturali olistiche, le persone si trovano ad intraprendere un cammino di trasformazione che coinvolge non solo il corpo e quindi il piano fisico, ma anche la mente e lo spirito. Si viaggia su binari completamente diversi da quelli noti a chi utilizza la medicina convenzionale: i termini “diagnosi” e “terapia” non sono adatti alle tappe di questo cammino. Non è il pericolo di sconfinamento in competenze di altre professioni che li rende inadatti, ma l’approccio stesso che richiede nuovi modi di pensare.
L’operatore che utilizza le discipline naturali olistiche ed energetiche, per essere veramente Naturopata non può limitare la sua attenzione ad alcune discipline specifiche, ma si interessa della natura nel senso più completo del termine, migliora continuamente le sue conoscenze professionali ed inserisce la propria attività in una prospettiva di evoluzione personale.
L’uomo viene studiato nelle diverse discipline naturopatiche secondo schemi e termini a loro propri e differenti tra una disciplina e l’altra. Le classificazioni a cui si ricorre nella medicina ayurvedica sono diverse da quelle nella medicina tradizionale cinese, da quelle della omeopatia o di altre discipline. Tuttavia, il minimo comune denominatore di queste discipline è che:
agiscono sulla globalità dell’uomo (corpo, mente e spirito) e per questo sono dette olistiche;
agiscono stimolando il riequilibrio energetico e per questo sono dette energetiche;
non immettono nell’organismo ciò che in teoria sembra mancare, ma risvegliano la memoria dell’equilibrio originario codificato in tutti gli esseri viventi;
il Naturopata utilizza i sintomi per interpretare lo squilibrio energetico che si sta manifestando e non li sopprime;
per ottenere un efficace recupero della salute le persone vengono responsabilizzate e rese partecipi del percorso che hanno intrapreso utilizzando la Naturopatia; viene in tal modo scoraggiata la dipendenza che nasce dall’idea che la salute sia un fatto ottenibile attraverso la tecnologia e quindi nelle mani di tecnici specializzati;
i criteri che vengono utilizzati dalle discipline usate in Naturopatia premettono di evidenziare uno squilibrio prima che si manifesti in termini patologici;
la possibilità di intervenire in modo dolce ed efficace scongiurando magari interventi chirurgici o terapie drastiche;
la persona viene accettata nella totalità delle sue manifestazioni e con l’operatore si stabilisce un contatto spirituale, nel senso di profonda empatia.
Il Naturopata, quindi, fonda il proprio operare su delle basi multidisciplinari, che tendono a coprire il più possibile lo spettro energetico dell’essere vivente, da quello fisico a quello più sottile e spirituale. Fondamentale è lo studio della Biotipologia come indagine conoscitiva dell’aspetto morfo-antropometrico del biotipo, dell’aspetto neuro-endocrino- metabolico, e inoltre di quello caratteriale e psicologico. Ciò è essenziale per il Naturopata e per il Medico Olista per una diagnosi di terreno, su cui poter lavorare con rimedi naturali. Ciascuna disciplina pur avendo un effetto globale sulla persona, espleta la sua azione in maniera particolarmente efficace in un particolare campo energetico di sua pertinenza. Ad esempio, le tecniche olistiche di manipolazione pur essendo efficaci in modo globale, realizzano il massimo della loro azione ad un livello energetico molto diverso da quello di rimedi vibrazionali, come ad esempio i Fiori di Bach.
Il Naturopata potrà perfezionare il suo intervento energetico se sarà in grado di:
1. di riconoscere la qualità dello squilibrio su cui deve operare e, successivamente,
2. di abbinare quella disciplina del suo bagaglio multidisciplinare, che più si adatta a interagire in termini di efficacia e tempestività con lo stato della persona.
La Naturopatia pone la persona, con tutta la sua ricchezza interiore, al centro dell’attenzione e non solo il suo corpo o una sua parte. Questo aspetto è socialmente rivoluzionario, perché permette di interpretare e riequilibrare in modo profondo, ma graduale e rispettoso della persona, anche problematiche di comportamenti estremi.
Il concetto che in noi ci sia il messaggio dell’equilibrio ottimale a cui possiamo ritornare, ha come conseguenza che la salute sia un obiettivo da raggiungere e non da inscrivere ex novo in soggetti per così dire “difettati”.
La Naturopatia opera una purificazione energetica nelle persone, che poi si traduce in risoluzione di problemi al presente e prevenzione di quelli in divenire; molto spesso i trattamenti si diradano nel tempo e diventano necessari solo quelli di “richiamo”, per poi diventare controlli di sicurezza. Questo è possibile se in parallelo si è portato avanti un discorso di educazione alla salute, che è il cardine fondamentale per diventare autonomi e responsabile riguardo al proprio stato.
La maggiore responsabilizzazione riguardo il nostro modo di vivere va a toccare anche il nostro modo di essere cittadini. Diventando consapevoli di come noi possiamo intervenire positivamente o negativamente nell’ambito della nostra salute, lo diventiamo anche per quello che riguarda le nostre relazioni e infine il nostro far parte della società.
Il percorso del riequilibrio energetico, se avviato prima che le condizioni di salute siano compromesse, porta a conquiste entusiasmanti e durevoli, molto spesso anche definitive; questo con interventi semplici e rimedi (quando la Naturopatia è applicata seriamente ed onestamente) non costosi.
In termini di rischi e di costi della sanità che gravano sulla società, è sicuramente un grande vantaggio la maggior diffusione delle discipline naturali olistiche, praticate da professionisti capaci e convinti dell’importanza della loro attività.
L’impatto reale che tali discipline hanno sulla società è di dimostrare concretamente che una visione non puramente materialistica o “meccanicistica” dell’essere umano può riportare alla salute, con un senso di benessere globale e quindi funzionare.
La professione di Naturopata
Si tratta di aspetti legali e di regole da seguire per chi vuole iniziare l'attività lavorativa anche in assenza di una adeguata regolamentazione al riguardo.
Tutela legislativa, inquadramento giuridico, apertura attività lavorativa
1. Tutela legislativa
Le prime difficoltà che di solito il Naturopata neodiplomato deve affrontare sono quelle relative allo svolgimento della libera professione. Tali difficoltà sono dovute al fatto che in Italia non esiste un riconoscimento da parte dello Stato della professione di 'Naturopata'. Di conseguenza, il diploma rilasciato dalle scuole di Naturopatia in Italia non ha alcun valore legale in quanto l'attività lavorativa non fa parte di quelle già riconosciute dallo Stato (professioni vere e proprie). In Italia, la regolamentazione avviene mediante approvazione da parte dello Stato e la creazione di Albi professionali ufficiali (legge del 1939). Spesso viene ostentata da varie scuole di naturopatia l'"affiliazione" o gemellaggio con organismi esteri (gemellaggi con vari enti rappresentanti professionisti in discipline naturopatiche di una nazione estera). Sfortunatamente tale connubio non aiuta nell'attuale situazione italiana in quanto comunque lo Stato deve riconoscere lo 'status' professionale di diplomati da scuole gemellate. Diverso è il caso in cui si consegua un diploma in Naturopatia all'estero: a causa della libera circolazione dei lavoratori nella CEE (esistono delle direttive esplicite della CEE in merito) il terapeuta può esercitare la sua attività in Italia. Il conseguimento di un diploma estero è di solito costoso e difficile e, comunque pur consentendo di lavorare, non comporta un 'status' diverso da diplomati in Italia fino a che, ancora una volta, lo Stato italiano non riconosca ufficialmente l'attività lavorativa come professione.
Si pone allora la domanda: può il Naturopata diplomato lavorare in Italia? La risposta è sicuramente affermativa: nonostante il vuoto legislativo in Italia, il Naturopata può liberamente esercitare la sua attività lavorativa (anche se non regolamentata come 'professione'). Tale attività è un diritto garantito dalla Costituzione a patto che, come ovvio, le leggi già esistenti in materia vengano rispettate.
Vediamo più in dettaglio casa significa 'garanzia costituzionale'. La Costituzione garantisce in maniera generica a tutti i cittadini, compreso chi vuole esercitare la Naturopatia, innanzitutto:
- la parità di dignità Sociale e l'uguaglianza di fronte alla legge (art. 3)
- il diritto del cittadino al lavoro, come diritto di libertà, ossia di scegliere liberamente il proprio mestiere (art. 4)
- tutelandolo in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35).
- riconoscendogli il diritto ad una retribuzione appropriata alla quantità e qualità del lavoro prestato nell'ambito del criterio di libertà dell'iniziativa economica privata, sancita dall'art. 41.
Ogni forma di prestazione lavorativa anche se regolamentata dalla legge generale o da leggi particolari trova la sua tutela nella Costituzione. Il Naturopata può quindi espletare la sua attività lavorativa in quanto garantita dalla Costituzione come libera iniziativa del cittadino. Ulteriore conferma della legittimità dell'attività lavorativa viene da alcuni articoli del Codice Civile:
l'art. 2060 tutela il lavoro autonomo, nella sua forma di contratto d'opera e di professione intellettuale, nella quale la dottrina, seguita dalla giurisprudenza, comprende l'attività medica e tutte le attività o professioni sanitarie ausiliari. Questo articolo riprende il principio della Costituzione (art. 39) della tutela della dignità lavorativa in ogni sua forma organizzativa, esecutiva, intellettuale, manuale. Ciò vale anche per le associazioni che rappresentano i lavoratori, lasciate libere di autogovernarsi e autodeterminarsi su basi democratiche per tutelare gli interessi degli iscritti.
- l'art. 2061 stabilisce il principio inderogabile secondo cui solo leggi speciali possono regolamentare (e quindi impedire o limitare, n.d.r.) le varie categorie di lavoratori che svolgono la propria attività con carattere professionale. Nulla dice a proposito delle categorie di lavoratori diversamente qualificabili (e quindi liberi di svolgere senza limiti le proprie attività).
- l'art. 2229 attribuisce solo alla legge il potere di determinare e limitare le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi elenchi o albi. Ciò significa che esiste il divieto di estensione analogica delle norme speciali a categorie di cittadini diverse da quelle regolamentate dalla legge (in altre parole non si possono applicare le regole approvate per una professione ad un'altra, anche se simile o appartenente allo stesso campo di attività)
Conclusioni: l'attività del Naturopata trova una completa tutela nel contesto legislativo attuale sia singolarmente come attività lavorativa in proprio sia inserita in una fase associativa che si organizzi per tutelare i propri iscritti. Il limite di esercizio può aversi solo se posto da una specifica legge che lo prevede espressamente e lo disciplini, altrimenti lo svolgimento di tale attività non ha limiti (a patto che non si violi le leggi esistenti).
2. Limiti e norme di riferimento
Nella prima parte di questo intervento si sono esaminate le basi costituzionali e del Codice Civile che su cui basare la legittimità della professione di Naturopata. Una ulteriore convalida è data dalla sentenza della Corte di cassazione 10.4.1980 n° 2305. Tale sentenza conferma che nella categoria generale delle professioni intellettuali solo quelle determinate dalla legge sono tipizzate ed assoggettate all'iscrizione in albi ed elenchi (le cosiddette professioni protette); all'infuori di queste vi sono non solo professioni intellettuali caratterizzate per il loro specifico contenuto, ma anche prestazioni di contenuto professionale non specificatamente caratterizzate che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo. In quest'ultimo gruppo rientra a pieno titolo il lavoro autonomo del Naturopata.
L'attività del Naturopata italiano, inoltre, può essere svolta senza problemi anche a livello dell'Europa comunitaria. Se l'Italia non ha disciplinato separatamente l'esercizio dell'attività del Naturopata, senza porre alcuna limitazione specifica né di ordine pubblico né di pubblica sicurezza né di sanità pubblica e se, per gran parte dell'Europa, tale attività è stata distintamente regolamentata, il Naturopata italiano potrà senza dubbio svolgere la propria attività negli stati della CEE, naturalmente osservandone le regole specifiche a seconda del paese. La libera circolazione dei lavoratori all'interno della CEE e' garantita dalle circolari CEE emesse in proposito (Direttiva CEE 89/48 e Direttiva CEE 92/51) e relativi decreti di attuazione da parte dello Stato italiano (Decreto Legislativo 27.1.92, n° 115 e Decreto Legislativo 2.5.94 n° 319, rispettivamente)
I limiti dell'attività lavorativa del Naturopata sono quelli stabiliti dalle leggi che definiscono le attività professionali protette: ogni violazione in quel senso è penalmente perseguibile. Il Naturopata non potrà, come ogni altro lavoratore del resto, sconfinare nelle attività lavorative proprie di altre professioni riconosciute e regolamentate per legge. Due sono le caratteristiche del reato:
- la continuità della prestazione non pertinente alla propria attività lavorativa (anche se solo una prestazione può essere sufficiente)
- la consapevolezza di esercitare una professione abilitata indebitamente
Vediamo di esaminare nel dettaglio queste due caratteristiche.
Per non incorrere nel primo tipo di reato, il Naturopata quindi non deve invadere le professioni già esistenti, tra le quali quella del
- medico: non può fare 'cura' e 'diagnosi' secondo le modalità tipiche della medicina ufficiale e non può curare o dispensare terapie mediante farmaci o strumenti propri della professione medica perché tale è, appunto, il compito del medico
- farmacista, non dare rimedi o farmaci che sono dispensati per legge dal farmacista
In questo modo non si incorre nella violazione dell'art. 348 del Codice Penale che vieta lo svolgimento della attività professionale medico-sanitaria a personale non medico (al di fuori cioè del personale ufficialmente autorizzato ed iscritto all'albo professionale)
E' il malato che, dopo essere andato dal medico, di sua iniziativa ossia senza l'interferenza di nessuno, provvisto della diagnosi di questi, deve scegliere liberamente di consultare il Naturopata per chiedergli di aiutarlo con metodi naturali .
Se l'attività del Naturopata è qualificabile come meramente alternativa e complementare a quella del medico tradizionale (senza sovrapposizione qualsivoglia parziali), allora tale attività è consentita ed è suscettibile di remunerazione poiché ciò rientra nella regola generale costituzionalmente garantita della libertà di svolgere attività lavorativa. Tale principio è stato confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2.2.1988 n° 149.
La seconda caratteristica (oltre a quella della continuità dell'esercizio lavorativo pertinente ad altri professionisti) quella della consapevolezza di sovrapporsi indebitamente ad una professione abilità. Questo punto ha un doppio aspetto: la coscienza di non dover abusare della professione altrui non è sufficiente per un regolare esercizio della professione. Non solo chi esercita deve essere consapevole di non abusare di una professione già regolamentata ma altresì la persona che si rivolge al Naturopata deve essere informata che l'intervento di riequilibrio del Naturopata non è non sostituisce l'intervento del medico tradizionale. Ciò implica tra l'altro che al paziente non deve essere detto di interrompere una terapia eventualmente prescritta dal medico e deve essere incoraggiato a sottoporsi ad esame di controllo a seguito dell'intervento del medico.
· Il Naturopata deve assicurarsi che ogni possibile equivoco venga eliminato in modo palese. E' necessario quindi che il paziente venga informato in modo chiaro e non ci sia il presupposto di equivoci e di apparente circonvenzione del cliente.
Conclusioni: l'attività del Naturopata trova tutela a livello non solo nazionale ma anche a livello dell'Europa Comunitaria. Inoltre, il Naturopata può esercitare la propria professione nei limiti imposti dalle professioni già riconosciute, cioè non può sovrapporre la propria attività (modalità e strumenti) in nessun modo a quella spettante alle altre professioni già regolamentate.
3. Regole pratiche
In questa parte si parlerà delle regole pratiche necessarie per iniziare un'attività professionale.
Si è concluso nella parte precedente che il Naturopata deve assicurarsi che nel rapporto tra terapeuta e soggetto assistito ogni possibile equivoco venga eliminato in modo palese. E' necessario quindi che nel suo studio, sotto una forma idonea, venga espressa chiaramente al cliente la nozione che lui non si trova in uno studio medico e che non verranno attuati interventi di tipo medico. La cosa migliore è quella di porre il cliente nella posizione di esprimere un suo consenso informato. Questo può essere fatto, attraverso un foglio di carta intestata su cui possono venire annotati i risultati delle indagine di riequilibrio energetico e le modalità di correzione degli squilibri.
· Tale foglio deve essere controfirmato da parte della persona assistita, la quale in questo modo conferma:
di essere venuta a conoscenza della sua situazione energetica (e non della sua malattia).
che un Naturopata (e non un medico) ha effettuato tale studio;
che il conseguente intervento di riequilibrio è di tipo energetico (e non è e non sostituisce alcuna terapia di tipo medico)
che i rimedi consigliati agiscono a livello energetico (non sono farmaci).
La controfirma su tale foglio recante i risultati dell'intervento scagiona il Naturopata da qualsiasi accusa di vilipendio, oltraggio o circonvenzione.
Per aprire uno studio sono quindi fondamentali le seguenti condizioni, dato per scontato, come abbiamo visto, che dal punto di vista legislativo il Naturopata ha tutto il diritto di esercitare la propria attività come libera iniziativa individuale:
una locazione: le cui attrezzature devono essere in accordo con l'attività che vi si svolge e di dimensioni adeguate per comprendere un locale ad uso "studio", uno "sala d'attesa" e una toilette e comunque in accordo con le normative di legge vigenti;
apertura della partita IVA: il lavoratore deve pagare le tasse come qualsiasi altro cittadino. L'iscrizione può essere fatta sotto la dizione 'Attività sanitaria non meglio specificata' oppure come sotto la voce "Altre, varie: Consulente scientifico in Riflessologia, Iridologia, ecc." (a seconda di quello che si vuole specificare). E' da notare che la prima dicitura comporta la presenza di un direttore sanitario, che si tratta di un medico. Per cui tale dicitura può essere utile a chi apre uno studio insieme ad un medico o all'interno di un multi laboratorio o multi studio con medici la cui posizione è in grado di assumere il ruolo di direttore sanitario. Nel secondo caso si è completamente autonomi e sganciati da tutti i vincoli e si evita il richiamo al settore sanitario che in Italia invita subito le autorità a sospettare possibili violazioni. In alcuni casi, al momento dell'apertura di uno studio, è stata fatta un'esplicita domanda alla ASL locale affinché controlli che non viene svolta attività medica o paramedica.
L'ASL dopo il controllo ha rilasciato un attestato in cui si conferma la presenza di attività di carattere non medico. Questo può essere molto utile a garantire l'assenza di altri eventuali controlli o denunce. Infatti, l'ASL ha comunque sempre il diritto e potere di controllare qualsiasi attività che possa sembrare di carattere sanitario. Dipende dalla persona e dalla situazione di giudicare se sia il caso o no di richiedere esplicitamente tali controlli. In pratica, quando sono stati richiesti hanno tutti avuto una risposta positiva da parte della ASL.
Un Codice Deontologico di comportamento che regoli il corretto svolgersi delle attività. Oltre a definire le regole etiche di riferimento, esso ha lo scopo di evitare in maniera netta di sconfinare su attività che spettano ad altre professioni
La pubblicità (ad es. biglietti da visita, foglietti illustrativi, ecc.) deve essere fatta in maniera opportuna, efficace e diretta. Da qualche parte si dovrebbe comunque accennare che le attività dello studio non sono e non hanno carattere medico.
Eventuale Adesione facoltativa e non obbligatoria ad una Associazione Professionale di riferimento, che tuteli la qualità dell'attività dei colleghi (esame di ammissione, corsi di aggiornamento, assicurazione, assistenza legale, ecc.) e soprattutto garantisca al cliente uno standard di qualità di intervento, a tutela sia del lavoratore sia dell'assistito.
Conclusioni
Le prime 3 parti hanno riguardato:
La legislatura vigente e la costituzione tutelano la libera professione. Il Naturopata può liberamente svolgerà la sua attività lavorativa (parte 1).
In Italia, essendo presenti delle professioni regolamentate per legge (associate agli Albi Professionali), l'attività del Naturopata non può e non deve sovrapporsi a quelle degli altri professionisti già regolamentate (medici, farmacisti, ecc) (parte 2).
Di conseguenza esistono delle regole pratiche che permettono di aprire uno studio o svolgere la propria attività senza correre il rischio di sconfinare impropriamente nell'ambito di altre attività professionali (parte 3).
Per un esercizio serio e sicuro della professione è indispensabile mettere il cliente in condizioni di esprimere un consenso informato. Col termine 'consenso' in biomedicina si intende 'un atto con il quale un soggetto autorizza liberamente ed intenzionalmente un operatore sanitario a mettere in azione una determinata procedura diagnostica, terapeutica o 'sperimentale'. Questo termine serve ad esprimere un aspetto irrinunciabile della nostra attività professionale che è quello di far sì che il soggetto riceva informazioni adeguate ed esaurienti in merito alla procedura, agli strumenti usati e alle loro conseguenze. Il consenso si basa sulla norma etica fondamentale del rispetto della persona e sul principio di autonomia. Tale concetto di autonomia si concretizza sulla regola, spesso dimenticata, che è il soggetto stesso è l'unico protagonista del processo di guarigione in quanto sua è la piena responsabilità della sua vita e del suo stato di equilibrio. C'è dunque una stretta connessione con la libertà di giudicare e scegliere ciò che si ritiene bene per se stessi. La necessità di ottenere un consenso libero, esplicito ed informato da parte dei soggetti prima di sottoporli a qualsiasi trattamento non solo di riequilibrio energetico ma anche di atto medico tradizionale è acquisita ed accettata ormai da decenni, anche se l'applicazione non è ancora generalizzata e non è sempre attuata correttamente.
Il consenso è autentico solo se è libero, cioè esente da qualunque pressione, frode e manipolazione. L'atteggiamento dell'operatore deve essere dettato dal desiderio di adeguarsi a tali principi, al di là di ogni possibile coinvolgimento personale interessato (che può spaziare da quello monetario a quello emotivo e psicologico).
Evidentemente il consenso deve essere libero e quindi può essere tale solo se è prevista la possibilità di negarlo. Il rifiuto del consenso è previsto in modo esplicito dalla Costituzione Italiana nell'art. 32, § 2. L'eccezione a tale regola ed alle disposizioni di legge si riferisce in particolare a gravi rischi per il bene comune.
In pratica, sulla base di questi principi, è importante ottenere un consenso informato scritto da parte dell'utente. Oltre a costituire un momento di chiarimento e di approfondimento del rapporto col terapeuta, facente parte, soprattutto, della stesso atto terapeutico, tale scritto costituisce, come accennato più sopra, un valido riscontro della leicità dell'attività terapeutica stessa.
Il consenso informato
Prima parte
Col termine consenso informato si indica un atto con il quale la persona autorizza liberamente ed intenzionalmente un operatore sanitario a mettere in atto una determinata procedura diagnostica, terapeutica o sperimentale. Si usa l’espressione ‘consenso’ per sottolineare l’aspetto irrinunciabile che il soggetto riceva informazioni adeguate ed esaurienti. Il consenso si basa sulla norma etica fondamentale del rispetto della persona e sui principi di autonomia, nel senso che si deve esser liberi di scegliere quello che si ritiene meglio per se stessi. Questa libertà è un diritto universale degli esseri viventi.
L’articolo 7 del Codice Deontologico del Naturopata dell’UNA, intitolato “Auto-responsabilità”, riprende questi temi nell’affermare che “Colui che si trova in uno stato di disarmonia energetica è il vero protagonista del percorso di purificazione che lo potrà ricondurre all'equilibrio. L'individuo deve essere reso consapevole e partecipe ed è compito del Naturopata adoperarsi per favorirne la responsabilizzazione riguardo la propria salute.”
Storicamente la necessità morale di ottenere il consenso del paziente per mettere in atto una terapia è un fenomeno relativamente recente in quanto era pressoché estranea alla cultura dominante nel secolo scorso. Solo negli ultimi decenni si è superato il paternalismo (di derivazione ippocratica) per cui l’operatore sanitario si sentiva legittimato ad ignorare le scelte del paziente in nome del mandato ad esplicare l’esercizio della professione. Al modello paternalistico si è sostituito quello dell’autonomia. Questo passaggio si può chiaramente osservare comparando fra loro le varie edizioni del Codice deontologico del medico italiano prodotte nell’ultimo secolo: da un approccio in cui il medico riteneva di avvicinare un paziente passivo, forse addirittura ritenuto inidoneo a giudicare autonomamente, si è passati ad un rapporto in cui si presuppone che la persona sia in grado di comprendere e scegliere. Questo non è l’unico mutamento dell’etica biomedica ma certamente è uno dei più radicali e fondamentali. Rimane il problema dell’educazione dell’operatore: l’acquisizione di una mentalità non paternalistica (termine ottimista in certi casi) da parte del medico moderno infatti è ancora un traguardo da raggiungere in modo completo per cui l’epoca attuale si può considerare un periodo di passaggio.
E’ da notare che l’enunciato del Codice Deontologico del Naturopata va oltre sia la concezione del secolo scorso sia la concezione etica dell’autonomia del giudizio recepita dal codice deontologico medico attuale. Infatti, secondo il Naturopata, la persona che richiede il suo intervento diventa il protagonista del percorso verso la guarigione: non è più un soggetto passivo, ma non è solo autonomo nel decidere ma è anche il vero attore. In questo contesto l’operatore sanitario diventa un fattore di appoggio, quasi di spinta esterna che rimane, appunto, dietro le quinte indirizzando più che spingendo la persona a percorrere il suo cammino verso la guarigione: è il concetto di educatore alla salute o di testimone dei principi che la regolano. Infatti l’art. 7 del Codice conclude “Il Naturopata opera nella convinzione che solo la piena e consapevole partecipazione del paziente può produrre il massimo dei risultati sperati. Egli è, dunque, innanzitutto un educatore alla salute, che cerca di instaurare un rapporto di consapevole collaborazione attiva e di scoraggiare qualsiasi forma di dipendenza.”
I fondamenti etici del consenso informato sono enunciati in diversi documenti nazionali ed internazionali (riguardanti soprattutto la sperimentazione, dove il consenso diventa essenziale).
Per esempio, l’art. 5 della 'Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e medicina' del Consiglio d’Europa del 1996 dice “Un intervento nel campo della salute può essere effettuato solo dopo che la persona interessata abbia dato il suo consenso libero ed informato”.
L’art. 32/ 2 della Costituzione della Repubblica Italiana sancisce “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
I principali aspetti che caratterizzano il consenso informato sono:
la libertà
l’informazione fornita alla persona
la capacità (intellettiva, fisica e giuridica) della persona di esprimere volontariamente il proprio consenso
Seconda parte
Nella prima parte si è definito il concetto di 'consenso informato', la sua origine storica e le peculiarità relative all’interpretazione del Codice Deontologico del Naturopata. Il primo aspetto che caratterizza il consenso informato è la libertà.
Il consenso è autentico solo se libero, cioè assente da qualsiasi pressione, frode o manipolazione. Occorre quindi garantire la massima libertà possibile del consenso. I soggetti sottoposti a pratiche sanitarie possono subire pressioni (e talvolta vere e proprie coercizioni) da parte del contesto sociale, culturale e familiare e perfino dalle stesse strutture sanitarie.
(Per esempio, in quest’ultimo caso ci si riferisce alla presenza di leggi che impongono un trattamento sanitario a certi individui o gruppi di individui in condizioni particolari, vedi ad esempio le vaccinazioni obbligatorie per i bambini come per gruppi di lavoratori a rischio). A tutto ciò deve in qualche modo porre rimedio l’operatore il quale può legittimamente cercare di mostrare al suo assistito ciò che si presenta la cosa migliore da fare, sulla base di evidenze oggettive.
Una condizione di totale autonomia (ovvero assenza di ogni influenza esterna, completa comprensione di ogni aspetto della situazione) è impossibile da realizzarsi. Questa condizione di ‘libertà’ (dell’assistito, ma anche del terapeuta) è la meta da realizzare, più che una condizione di partenza: chi attraverso un percorso 'di guarigione' riesce a riappropriarsi della consapevolezza profonda di chi è veramente e come è connesso con tutto ciò che lo circonda, allora questa persona è veramente ‘libera’. E’ la libertà citata dal Dott. E. Bach (ai libri del quale si rimanda vivamente per un preciso approfondimento) quando parla appunto di ‘liberare se stessi’ dai condizionamenti non solo materiali ma soprattutto energetico-mentali-spirituali che impediscono il riconoscimento della vera identità dell’essere umano e del cosmo.
Il Naturopata tende a ‘liberare’ (rendere libero) se stesso e i suoi assistiti da tutti i legami inibenti e condizionanti: questo è il vero percorso di guarigione, al di là della mera scomparsa del sintomo fisico. Questi concetti sono sottintesi dall’ art. 5 del Codice Deontologico del Naturopata intitolato ‘Concezione olistica’ quando afferma che “Ogni uomo ha, nella sua particolare qualità spirituale, una possibilità di perfezione e di forza. L'obiettivo dell'educazione è quello di aiutare ciascuno a ritrovare, sviluppare ed usare questa spiritualità. L'attività del Naturopata poggia, inoltre, sulla convinzione che l'individuo può esprimersi nella sua completezza solo nel pieno rispetto delle leggi della Natura, sulle quali è plasmata la vita”. Tale completezza ha la sua base appunto sulla libertà, sull’affrancamento dell’uomo come essere olistico inserito nelle leggi che regolano e plasmano la vita.
Il consenso informato riflette quindi un approccio alla persona ed alla salute basato sulla massima libertà di scelta possibile in quel momento e sul riconoscimento di questa libertà come valore fondamentale per un corretto rapporto assistente-assistito.
Di conseguenza, il consenso informato può essere tale solo se esiste la possibilità di negarlo, in accordo col concetto di libertà citato più sopra. Il rifiuto del consenso è previsto, tra l’altro, dalla stessa Costituzione Italiana, art. 32/ 2. L’operatore deve lasciare spazio anche a questa possibilità, rispettando non solo le decisioni dell’assistito ma anche agendo in libertà e sintonia con se stesso. Nell'art. 5 Rispetto del cliente delle “Regole per l’esercizio della professione” del Codice Deontologico del Naturopata si legge tra l’altro “Il Naturopata è libero nell'esercizio della sua attività e può rifiutare la prestazione se ritiene non sussista il necessario rapporto di fiducia con il potenziale cliente”. Ovviamente per il bene sia personale ma anche soprattutto per garantire una giusta e libera impostazione del percorso di guarigione con l’assistito.
Un altro aspetto del dibattito sulla “libertà” è quello previsto dalla legge: in caso di particolari gravi rischi della comunità sono previste delle eccezioni all’esercizio della libertà individuale. In questo modo il bene comune può entrare in conflitto con le scelte individuali e può prevalere su di esse: esistono ‘malattie’ considerate pericolose per la comunità per le quali è prevista una fase ‘obbligatoria’ da imporre anche con la forza, per il bene della collettività. Come deve comportarsi il Naturopata di fronte a questa situazione? La risposta non è banale ed è difficile da generalizzare: l’unica risposta è caso per caso ed è comunque quella che è in sintonia massima con i principi etici della professione che prevede il massimo rispetto possibile della libertà, compresa la libertà di scelta.
Terza parte
I principali aspetti che caratterizzano il consenso informato sono: la libertà, l’informazione fornita alla persona e la capacità (intellettiva, fisica e giuridica) della persona di esprimere volontariamente il proprio consenso. Sul primo aspetto, la libertà, si è parlato nel numero precedente. In questo numero verranno trattati gli altri due aspetti e verranno proposte alcune riflessioni conclusive.
Gli operatori hanno il dovere di informare i loro assistiti in modo chiaro veritiero, accessibile. E' importante che l'informazione sia personalizzata: si deve tener presente, cioè, il tipo di persona che si ha davanti, il suo retroterra culturale, l'età, il contesto sociale e familiare, le eventuali condizioni di stress in cui può trovarsi. L’atto comunicativo non deve mai ridursi ad una fredda esposizione di nozioni. Il significato di “consenso informato” non deve, cioè, mai ridursi a quello di ‘autorizzazione’ a procedere, soprattutto dalle persone con un basso livello di istruzione, ma ci si deve assicurare che sia interpretato il più possibile come una spiegazione semplice del trattamento e del suo significato. Inoltre considerando che, in generale, solo una parte delle informazioni fornite viene recepita ed assimilata, è importante che le informazioni più rilevanti siano ripetute anche nelle sedute successive.
Tra le indicazioni che dovrebbero essere date (durata del trattamento, effetti primari e secondari, ecc.) ci sono anche quelle che riguardano il tipo e la gravità dello squilibrio. In questo caso viene sollevato un serio quesito morale se si debba dire sempre tutta la verità al paziente. Il dubbio non riguarda se dire la verità (cosa del tutto scontata) ma sulla completezza dell’informazione. La tendenza riflessa dal codice deontologico è quella di informare il più possibile la persona. L’enfasi però andrebbe posta non tanto sulla proiezione dell'esito della malattia (p.es. la degenerazione sicura di una malattia in una più grave, o addirittura sull’impossibilità di una sua risoluzione) quanto piuttosto sulla gravità della situazione attuale a causa del deterioramento accumulatosi nel passato.
Il dovere di fornire un’informazione vera implica anche che un’eventuale richiesta da parte dei familiari di comunicare delle informazioni false non sia vincolante. In caso di situazioni molto gravi esiste di fatto una difficoltà nell’esplicitare le informazioni e per chi deve dare il consenso la capacità di fare una scelta tra rischi diversi. Si può pensare comunque di affrontare queste situazioni con l’aiuto di persone adatte che aiutino, più che ad ottenere un consenso ed un indirizzo di scelta, a far comprendere e quindi far accettazione la situazione di fatto.
Il diritto ad una informazione veritiera è sottolineato nell’art.1 (Impegno etico) e 2 (Impegno professionale) delle Regole per l'esercizio della professione del Codice Deontologico del Naturopata, la dove si sottolinea che “Il Naturopata si impegna ad esercitare la sua attività secondo coscienza. Egli mantiene un comportamento giusto e leale con tutti, siano essi clienti, collaboratori o terzi in generale…” (art. 1) e “Il Naturopata deve salvaguardare la serietà e la credibilità della sua professione. Il Naturopata deve porre tutte le sue conoscenze e capacità al servizio della professione e deve usare la massima scrupolosità nell'educare ed indirizzare le persone verso la conservazione dell'equilibrio energetico. Non dovrà mai scendere a compromessi rispetto ai principi e alle regole che disciplinano la sua professione.” (art. 2).
Conclusioni
Il consenso informato permette di avviare un processo in cui la persona partecipa in prima persona ai momenti decisionali, almeno nella misura in cui consapevolmente ed autonomamente sceglie di conferire all’operatore un diritto che l’operatore non ha in sé, instaurando un rapporto di fiducia. E’ da notare che alle volte il soggetto preferisce “non sapere”, delegando al terapeuta (persona ritenuta competente) la scelta del percorso terapeutico: questo è un legittimo diritto che non contrasta col consenso informato in quanto espressione di libera scelta della persona (non di rinuncia all’autonomia), accordando fiducia a chi si ritiene se la meriti.
Come si è evidenziato nella discussione, il consenso informato non può essere strumentalizzato facendolo diventare un semplice atto ‘difensivo’ da parte dell’operatore che tende così a tutelarsi da possibile ‘danni’ a seguito del suo intervento o come sorta di legittimazione ‘giuridica’ al suo operare (in attesa del riconoscimento della sua figura professionale da parte della legge). Il consenso informato è solo il rendere esplicito l’inizio di un percorso come ricerca del bene dell’assistito.
(Fonte: A.I.C.T.O. - Associazione Internazionale di Clinica e Terapia Olistica)